IL “CELESTINO” DELLE VISIONI DI CODY

“Celestino” è il titolo dell’album della rock band (rock alternativo) Visioni di Cody, che trae la propria denominazione dal romanzo di Jack Kerouac (questo non alternativo, ma sperimentale) scritto agli inizi degli anni ’50. Ci troviamo di fronte ad un dilemma, come spesso accade con frequenza sempre maggiore allorquando ci si trova ad avere a che fare con queste nuove rock band che poco o nulla hanno ereditato dal rock anni ’70, quello che segnò la più grande ed incancellabile epoca del rock nella storia della musica. Poco o nulla vi hanno a che fare ma, alcuni dei loro spunti, si proiettano in una dimensione che a tratti suscita interesse e, sia pure più raramente, anche coinvolgimento.

 

 

“Giusto tra le nazioni”, il primo brano del cd “Celestino” ha un andamento niente male che pone premesse promettenti, purtroppo poi talvolta disattese. “Il mondo salvato dai regazzini” ci rivela come questa formazione disponga di energia e potenzialità che certamente in una dimensione live possono trovare un apprezzamento più immediato. Limitandosi al cd si ha la sensazione di una gran baraonda di suoni. “La forza di mille uomini” pare attingere con maggiore insistenza a quel modo di pensare al rock più “gggggiovane” e, a ben guardare, più in auge tra le rock band di questa generazione. “A Celeste non chiedere quando” però deborda inesorabilmente in quel difetto diffuso tra i rokkettari di oggi (alternativi e non) che usano il cantato, quindi il testo, come sponda per dare libero sfogo ad esplosioni musicali non sempre motivate, soprattutto quando, come in questo caso, si avverte che tra i cespugli un po’ disordinati di note sconnesse, una linea melodica c’è e forse non sarebbe così male. “Mammarò” qualcosa riesce a dire, o quanto meno si sforza di farlo, ma la musica anche qui soverchia spesso il racconto cosicchè il messaggio, se di messaggio si tratta, di fatto non arriva. “Bravi, giovani, cannibali” è tra le cose migliori di questo album, piacevole la voce, bello l’arrangiamento, un testo che ruota intorno ad un solo concetto, ma lo fa molto bene. Strumentalmente molto interessante “A Celeste non chiedere come”, che crea atmosfere eteree con tratti anche molto delicati e l’inserimento vocale che, per pochi istanti, evoca luoghi remoti. “Nonpartononresto” torna alla dimensione più ruvida e gioca la carta della voce filtrata, ma il brano in definitiva dice poco perchè poco offre anche dal punto di vista musicale. E si chiude con “A prova di stronzo” ove si torna al rock dei primi brani, quello in cui la voce è un optional ed il frastuono di rigore. Non ne può scaturire una gran cosa, anche perchè la ritmica è sempre la stessa e non è qualche guizzo di chitarra a rendere più originale il tutto. Il finale è ancor meno convincente. La band, dal punto di vista musicale, a prescindere dal fatto che il genere possa o meno piacere, sa il fatto suo. Si distingue e rischia di essere davvero alternativa, proprio in quei brani che probabilmente. percepisce con minore trasporto. Ed ha il merito di avere posto in risalto nella copertina del cd una frase a dir poco divertente: “In un mondo che ci obbliga all’eccellenza fare schifo è un gesto rivoluzionario”. Standing ovation.

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