“L’uomo che cammina” si annuncia con rumori ed effetti, suscita forse curiosità, desta di certo molta perplessità ed è il brano che apre l’album “Coriandoli” dei napoletani La Bestia Carenne. Un album che si rivelerà decisamente atipico, per certi aspetti sperimentale, di certo distante da ogni forma di ricerca di quella fruibilità che dovrebbe avvicinare chi suona a chi ascolta.
Lo conferma la seconda delle nove tracce, “La quercia”, sempre alla ricerca si sonorità nuove e diverse con un finale che, forse solo casualmente, pare assumere i contorni di una canzone più propriamente definibile in questo modo. In “Le gambe belle” spesso la musica sovrasta la voce, ma compaiono scampoli interessanti dal punto di vista musicale ed il cantato, laddove si coglie, pare rifarsi a testi che rincorrono intricate deformazioni del pensiero, sforzandosi di trasmettere sensazioni prima di accompagnarci lungo i tediosi percorsi di “La notte di San Giovanni”. Chissà perchè in “Il nome di Saffo” ci sovvengono un po’ di Battiato ed un po’ di Avion Travel, pur senza esserci motivi strettamente riconducibili a nessuno dei due. Ma forse è l’incomunicabilità raffinata che qui più che altrove si fa largo ad indurci a pensare che l’overdose di originalità non è mai buona consigliera. Ed eccoci a “Carpenteria”, brano dai risvolti quasi oscuri, un po’ inquietante che però arriva, pur nella sua ripetitività quasi ossessiva, grazie anche ad un arrangiamento a tinte forti. “Il cecchino” è finalmente una storia più narrata, con frasi del tipo “Quanto è dura l’esperienza del carcere? – ed io rispondo – almeno come quella delle libertà”. Non originalissima ma d’effetto e prestando molta attenzione, apprezzabile anche dal punto di vista musicale. “Polena” è un angolo di mare portato nel cd: cigolii, sciabordii, poco più di un minuto e mezzo da nostromo solitario per approdare al gran finale, “Le mosche” che, fosse anche solo per la durata di poco inferiore al quarto d’ora, qualche considerazione in più la merita. Che ci sia qualcuno che ha definito questo brano “coraggioso” è l’indice di un disagio nusicale sempre più evidente che serpeggia sia tra chi la nusica la fa sia tra coloro che ne devono parlare. Questo non è un brano “coraggioso”, è un brano provocatorio, difficile da ascoltare sino alla fine per l’appiattimento totale ed uniforme del concetto di musica, che però come musica viene spacciato. E fosse invece solo il trasmettere una sensazione? Occorre molta attenzione però, perchè qui si rischia di scivolare sul terreno assai sdrucciolevole dell’arte contemporanea, ove ciascuno ha totale libertà interpretativa, ma alla fine, proprio per questo, di arte autentica non ce n’è. Il finale, che recupera dopo il delirio i contorni di una canzone, non ce la fa a convincerci ed un fastidioso sibilo ci fa anzi desiderare il silenzio. Rock sperimentale? Originalità fortemente voluta sino all’autolesionismo? Difficile capire. Ma forse, visto il discorso sulla fruibilità poco sopra accennato, forse non è neppure così importante. (La Bestia Carenne – “Cordiandoli” – Bulbart Label)