Non si sa da che parte cominciare dopo avere ascoltato questo “Roma tossica” dei Verderame. Cominciamo allora dalla formazione: due chitarre e voce, un basso e una batteria. Formazione base senza altri contributi in nessuna delle dieci tracce che caratterizzano il cd. Molto buono il package. I testi sono di Fabrizio Morigi, che è anche la prima voce del gruppo nonché chitarrista.
Ma i testi è necessario scorrerli sul libretto perchè dall’ascolto s’intuisce ben presto che la musica, come troppo spesso accade tra le rock band di ultima generazione, il cantato lo annega, i testi li stupra, la voce l’affonda. Testi che, in realtà, manifestano qui e là qualche buona intenzione, che raramente però riesce ad assumere forme definite. A volte si sfocia nel delirio “…so che vorresti vivere un po’ di più è per questo che preghi e forse vorresti chiedere anche di più di quel che possiedi….”(“Fiore etilico”) oppure “…ti volevo fottere e solo che te non stavi con me…” (“Volevo fotterti”). Ci sarebbe anche un tentativo di brano socialmente impegnato dall’eloquente titolo “G8”, ma le parole affogano, anche quelle delle testimonianze in chiusura di brano. Il primo giro di chitarra interessante lo si coglie in “Seattle 96” (e siamo già al terzo brano), ma mediamente gli arrangiamenti flirtano con la banalità e due chitarre, un basso ed una batteria mostrano in questo caso chiaramente i loro limiti. Ma ci si imbatte anche in qualcosa di musicalmente interessante, ascoltando “La dolcezza dell’errore”, dal minuto 3.16 al minuto 4.20, poco più di un minuto in un intero cd è francamente poco, anche se potrebbe lasciare ad intendere l’esistenza di qualche potenzialità rimasta latente. Insomma, troppo scarsi gli spunti positivi per meritare la sufficienza. E neppure l’originalità viene in soccorso di questi quattro ragazzi che difficilmente si faranno ricordare per questo album.